L’intervista a Mauro Fanin, Presidente del Gruppo Cereal Docks che vede nel fare Sistema l’unica strada che porta benefici a tutta la filiera  

Cereal Docks è il principale Gruppo industriale italiano attivo nella trasformazione di materie prime agro-alimentari per la produzione di ingredienti (farine, oli, lecitine, farine gluten-free, farine precotte, grits) derivati da semi oleosi e cereali destinati ad applicazioni nei settori feed, food, pharma, cosmetic, usi tecnici ed energetici. Fondata da Mauro Fanin nel 1983, Cereal Docks ha appena onorato i suoi primi 40 anni presso il Campus di H-Farm a Roncade (TV) lanciando tra l’altro una campagna istituzionale battezzata “Gli Ingredienti” che vuole raccontare a tutti gli attori della filiera e al grande pubblico, il gruppo italiano che rappresenta la supply chain delle materie prime alimentari. Attraverso i suoi 11 stabilimenti e 420 collaboratori, infatti, Cereal Docks lavora ogni anno circa 3 milioni di tonnellate di cereali e semi oleosi, coinvolgendo oltre 18.000 aziende agricole italiane. I prodotti di Cereal Docks Group, dunque, sono davvero gli ingredienti alla base di tante e importanti filiere agroalimentari nazionali. Il quartier generale è a Camisano Vicentino (VI).

L’occasione è stata propizia per ragionare con Mauro Fanin, CEO di Cereal Docks SpA che ha dimostrato una grande disponibilità nei confronti del Consorzio agrario di Treviso e Belluno: Da 40 anni trasformiamo con passione e competenza materie prime di origine vegetale in ingredienti sicuri per tantissimi settori di utilizzo – dichiara Mauro Fanin, Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Cereal Docks – e lo facciamo creando valore lungo tutta la filiera, nel rispetto dell’ambiente, delle persone e degli animali. Con questa campagna di comunicazione vogliamo raccontarci ai nostri partner e al grande pubblico per quello che siamo: uno snodo fondamentale di quella filiera agroalimentare (e non solo) che fa grande il Made in Italy nel mondo”.

In questi 40 anni l’agricoltura di casa nostra è mutata con qualche sbilanciamento produttivo. Il comparto cerealicolo non garantisce l’autonomia al Paese e spesso subisce delle pericolose oscillazioni. Problematiche queste che devono trovare una reazione per giungere a una soluzione. C’è una soluzione?

“La nostra autosufficienza oggi vale meno della metà del fabbisogno. È certo che dobbiamo giungere ad una consapevolezza chiara sul da farsi affinché anche la cerealicoltura possa avere più certezze. Ricordo che l’anno scorso nel momento di interruzione degli arrivi dall’Ucraina se non ci fosse stato il sistema Paese a supplire alla mancanza di prodotti avremmo vissuto una situazione ancora più allarmante. Qui passiamo da momenti di euforia dei prezzi a momenti di depressione con eccessivi ribassi. È chiaro che questo non deve accadere, a vantaggio dell’equilibrio di tutta la nostra filiera, anzi, le filiere sono indispensabili per proporre innovazione e ricerca, finalizzate anche allo stesso aumento delle produzioni”. 

Il termine alimentazione per l’agroalimentare italiano è ormai desueto e superato. È d’accordo?

“Certamente, anzi lo sostengo. Per noi è importante parlare di nutrizione e non di alimentazione. Oggi l’agricoltore ha il ruolo di nutrire e non più di sfamare. Mi riferisco alla nostra area geografica. Sto parlando di un benessere che non si ferma solo al cibo, ma anche alla sostenibilità economica di queste colture che risentono di una competizione a volte troppo spinta sulle materie prime che provengono dall’Est Europa.

Le Tecniche di Evoluzione Assistita (Tea) si candidano per l’agricoltura del futuro con l’obiettivo di introdurre colture resistenti e di assicurare cibo anche in caso di eventi climatici proibitivi. Il tutto tutelando la sostenibilità ambientale. È più una strada giusta o necessaria?

“Noi come Paese abbiamo bisogno di avere piante più performanti che permettano di ridurre gli apporti meccanici e chimici in agricoltura e che sappiano resistere maggiormente alle avversità atmosferiche in produzione. Una strada che presuppone degli obiettivi chiari come quello di ridurre la dipendenza dall’estero.  In dieci anni, ad esempio, abbiamo dimezzato la produzione di mais e per fortuna non è successo questo per la soia. E mentre cresceva la dipendenza dall’estero si è fermata l’evoluzione scientifica. Le Tea ci permetteranno proprio di crescere nella produzione che è quello di cui abbiamo bisogno”.

L’approvvigionamento è una questione molto delicata. Anzi, è la questione centrale!

“La Cina è l’esempio eloquente di ciò che sta accadendo e di come si cerca di intervenire. Infatti, sta facendo scorte strategiche dimostrando come difendersi dal clima e dalla geopolitica. La sfida che abbiamo davanti come Paese è quella tanto evocata e poco messa in pratica e cioè di dar vita ad un sistema ideale di interazione tra chi produce, raccoglie, trasforma, distribuisce ed esporta. Come pensiamo al destino delle nostre comunità? Ci sono problemi che non possono essere risolti da soli, ma che hanno bisogno di trovare soluzioni ad un livello più ampio.  Serve un sistema organizzato capace di definire strategie e migliorare la nostra posizione su scenari esteri. La vera partita non si gioca nel proprio cortile, anzi la nostra partita la giochiamo fuori dall’Italia dove troviamo paesi agguerriti, pronti a farci lo sgambetto. E questo confronto deve vederci uniti”.

Cereal Docks sta guardando al futuro concentrandosi su quali fattori di sviluppo?

“Come gruppo stiamo investendo molto sulla ricerca e lo sviluppo. Abbiamo un laboratorio/centro di ricerca importante sul quale investiremo ancor di più. Lo doteremo anche di una cucina perché penso che i prodotti debbano essere valorizzati. Ritengo, poi, allacciandomi a quanto già detto, che è fondamentale rafforzare le scorte per avere materie prime in quantità sufficiente per alimentare il mercato. Non mancherà un piano di crescita, sia in Italia che in Europa, ma anche oltre oceano, per continuare il nostro sviluppo e la nostra evoluzione. Se ci saranno occasioni non mancheremo di coglierle”.